Ho letto alcune delle esperienze scritte in questo forum, esaltano tutte la bellezza della prima volta sulla neve, le sensazioni che si provano salendo sulla tavola ecc. Cercherò di risaltare anche il lato oscuro e doloroso della neve raccontando la mia esperienza
E’ venerdì e ti svegli dopo una notte quasi insonne. Sono le 6.45, sei in vacanza, la sera prima ti sei addormentato alle 2 senza un preciso motivo, però ti svegli e ti inizi a preparare. Dopo quaranta minuti di treno arrivi a destinazione, sei a Limone. Ma non sei tra le montagne innevate, non stai per metterti la tavola a piedi, sei a Limone paese e devi camminare più di mezzora per raggiungere l’ovovia perché sbagli anche strada e fai il giro lungo. Le montagne innevate però non le raggiungerai neanche dopo; lo scenario è simile a quello del presepe che facevi da piccolo. C'è qualche chiazza di neve qua e là, alcuni punti riempiti di più, altri di meno, e forse sì, non ti sbagliavi, c'era più neve a Betlemme duemila anni fa che a Limone alla fine del 2011.
Il tuo amico, che è venuto con te per insegnarti, ti indica dall'ovovia delle zone di terra arida, per lui quelli sono tutti fuoripista, ma tu riesci a vedere solo pietre e piante e pensi che forse non hai scelto l’anno giusto per iniziare. Aggiunge anche che le piste facili sono chiuse, e che ti tocca affrontare quelle di livello medio e sei costretto a guardare tutto da lì sopra. Sei costretto guardare discese che per te, che ancora sulla tavola non ci sei mai salito, sembrano inumane.
All’arrivo vedi solo sciatori, ne vedi di tutte le taglie, ma ciò che ti salta di più all’occhio sono le file di bambini che occupano le parti più facili della pista, quelle che servono a te.
Il tuo amico fa una scommessa, ti dice che secondo lui non starai in piedi sulla tavola più di cinque secondi. Ti accorgi però che in piedi riesci a starci. Raggiungi la discesa e la fai a spazzaneve. Cadi dopo poco tempo, ma non inizi con la più classica delle cadute, non inizi con una simpatica culata, di quelle che ti alzi ridendo e dici “Questa ha fatto male”. Cadi in avanti e provi dolore in tutt’altro punto. Rimani rannicchiato quasi con le lacrime agli occhi per il dolore, speri che prima o poi smetterà, ti chiedi se potrai mai avere figli. Qualche minuto il dolore passa e ti rialzi.
Va sempre meglio, inizi a prendere confidenza con la tavola, inizi a non girarti più con aria colpevole ogni volta che un maestro di sci urla qualcosa. Inizi a capire che i maestri si rivolgono ai loro allievi, non a te. Si rivolgono a bambini bassissimi, che ti sembrano davvero troppo piccoli e ti passano sempre più vicino. Cadi e ti rialzi diverse volte, ma il tuo amico vuole cambiare pista. Dice che ce n’è una più facile, ma la devi raggiungere a piedi, camminando per un sentiero. La tavola ti pesa, ma stringi i denti e cammini. Cammini al lato destro della strada, dove si nasconde il ghiaccio. Cadi di nuovo, questa volta non te lo meritavi però, non ti aspettavi di scivolare su del ghiaccio nascosto tra le erbacce. Cadi sulle pietre e ti prendi una culata dolorosissima, poi vedi il lato positivo ringrazi Dio di non essere caduto giù dal sentiero.
Ti accorgi che la nuova pista non è affatto più facile. Il tuo amico dice che se la ricordava diversa, ma ormai sei lì.
Scendi dalla pista, te la fai quasi tutta a spazzaneve e poi inizi ad accusare la prima fatica, inizi a volerti fermare più spesso. A volte cadi sulla neve ghiacciata, il sole non c’è più. Mentre sei disteso sulla neve a pensare al dolore fisico che stai provando, vedi arrivare una folata di nevischio che ti sommerge e ti costringe a rialzarti. Vai avanti per ore, inizi a pensare con terrore alle cadute, a dirti che non ne reggerai un’altra, che il tuo osso sacro non è indistruttibile e ti senti stanco. Ti ricordi che hai dormito poco e dai la colpa a questo. Fai qualche curva, chiudi qualche frenata senza cadere e inizi ad esaltarti, ma il tuo corpo perde vigore. Alla fine della giornata decidi di tornare a casa, ma il viaggio in treno sei costretto a fartelo in piedi, non solo perché manca il posto. Sorreggi la tua tavola e vicino a te hai un francese con un cane enorme che si muove di continuo, un vecchio pazzo con un ramo in mano e una donna inglese, di origini cinesi, con i suoi due figli piccoli che accusano l’Italia di essere un paese povero.

E’ venerdì e ti svegli dopo una notte quasi insonne. Sono le 6.45, sei in vacanza, la sera prima ti sei addormentato alle 2 senza un preciso motivo, però ti svegli e ti inizi a preparare. Dopo quaranta minuti di treno arrivi a destinazione, sei a Limone. Ma non sei tra le montagne innevate, non stai per metterti la tavola a piedi, sei a Limone paese e devi camminare più di mezzora per raggiungere l’ovovia perché sbagli anche strada e fai il giro lungo. Le montagne innevate però non le raggiungerai neanche dopo; lo scenario è simile a quello del presepe che facevi da piccolo. C'è qualche chiazza di neve qua e là, alcuni punti riempiti di più, altri di meno, e forse sì, non ti sbagliavi, c'era più neve a Betlemme duemila anni fa che a Limone alla fine del 2011.
Il tuo amico, che è venuto con te per insegnarti, ti indica dall'ovovia delle zone di terra arida, per lui quelli sono tutti fuoripista, ma tu riesci a vedere solo pietre e piante e pensi che forse non hai scelto l’anno giusto per iniziare. Aggiunge anche che le piste facili sono chiuse, e che ti tocca affrontare quelle di livello medio e sei costretto a guardare tutto da lì sopra. Sei costretto guardare discese che per te, che ancora sulla tavola non ci sei mai salito, sembrano inumane.
All’arrivo vedi solo sciatori, ne vedi di tutte le taglie, ma ciò che ti salta di più all’occhio sono le file di bambini che occupano le parti più facili della pista, quelle che servono a te.
Il tuo amico fa una scommessa, ti dice che secondo lui non starai in piedi sulla tavola più di cinque secondi. Ti accorgi però che in piedi riesci a starci. Raggiungi la discesa e la fai a spazzaneve. Cadi dopo poco tempo, ma non inizi con la più classica delle cadute, non inizi con una simpatica culata, di quelle che ti alzi ridendo e dici “Questa ha fatto male”. Cadi in avanti e provi dolore in tutt’altro punto. Rimani rannicchiato quasi con le lacrime agli occhi per il dolore, speri che prima o poi smetterà, ti chiedi se potrai mai avere figli. Qualche minuto il dolore passa e ti rialzi.
Va sempre meglio, inizi a prendere confidenza con la tavola, inizi a non girarti più con aria colpevole ogni volta che un maestro di sci urla qualcosa. Inizi a capire che i maestri si rivolgono ai loro allievi, non a te. Si rivolgono a bambini bassissimi, che ti sembrano davvero troppo piccoli e ti passano sempre più vicino. Cadi e ti rialzi diverse volte, ma il tuo amico vuole cambiare pista. Dice che ce n’è una più facile, ma la devi raggiungere a piedi, camminando per un sentiero. La tavola ti pesa, ma stringi i denti e cammini. Cammini al lato destro della strada, dove si nasconde il ghiaccio. Cadi di nuovo, questa volta non te lo meritavi però, non ti aspettavi di scivolare su del ghiaccio nascosto tra le erbacce. Cadi sulle pietre e ti prendi una culata dolorosissima, poi vedi il lato positivo ringrazi Dio di non essere caduto giù dal sentiero.
Ti accorgi che la nuova pista non è affatto più facile. Il tuo amico dice che se la ricordava diversa, ma ormai sei lì.
Scendi dalla pista, te la fai quasi tutta a spazzaneve e poi inizi ad accusare la prima fatica, inizi a volerti fermare più spesso. A volte cadi sulla neve ghiacciata, il sole non c’è più. Mentre sei disteso sulla neve a pensare al dolore fisico che stai provando, vedi arrivare una folata di nevischio che ti sommerge e ti costringe a rialzarti. Vai avanti per ore, inizi a pensare con terrore alle cadute, a dirti che non ne reggerai un’altra, che il tuo osso sacro non è indistruttibile e ti senti stanco. Ti ricordi che hai dormito poco e dai la colpa a questo. Fai qualche curva, chiudi qualche frenata senza cadere e inizi ad esaltarti, ma il tuo corpo perde vigore. Alla fine della giornata decidi di tornare a casa, ma il viaggio in treno sei costretto a fartelo in piedi, non solo perché manca il posto. Sorreggi la tua tavola e vicino a te hai un francese con un cane enorme che si muove di continuo, un vecchio pazzo con un ramo in mano e una donna inglese, di origini cinesi, con i suoi due figli piccoli che accusano l’Italia di essere un paese povero.
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